ANNI

dal 2020 ad Oggi

All’inizio degli anni Ottanta comprai, da un venditore ambulante africano, una vetusta maschera lignea di fattezze femminili. Trovai irresistibili la purezza e la stilizzazione dei lineamenti. Da allora la mia collezione di maschere, statue e feticci africani sì è ampliata in modo esponenziale. In quest'ultimo periodo rappresentano un tramite, un canovaccio paragonabile al giro di accordi blues nel contesto musicale, per indagare ciò che ribolle nelle profondità dell’animo umano, pulsioni inconsce che dominano ogni atto che a noi pare consapevole, ma che è solo la punta di un iceberg. Uno dei primi rappresentanti di questa serie di quadri è “Lo psicanalista”, del 1999, dove dalla bocca di un viso allucinato, che ricorda certi dipinti realizzati da schizofrenici ricoverati nei manicomi del secolo scorso, escono parole formate da misteriose strutture digitali.

Un altro esempio  è “AI”. Un antropoide di fattura scimmiesca, ma attualizzato da meccanismi informatici, se ne sta, senza parole, tra ali di palazzi distrutti come ormai siamo abituati a vedere anche nel cuore dell’Europa.

Chissà cosa pensa oggi Steven Pinker del suo libro del 2011 “Il declino della violenza”. Una sbirciatina in Internet da parte vostra mi eviterà l’interminabile elenco di paesi in guerra che, in ordine alfabetico, potrebbe partire da Aceh, Afghanistan, Algeria per finire con Sudan, Ucraina, Uganda. È vero, l’Africa è satura di “guerre dimenticate”, ma non si differenziano molto da ciò che ora sta accadendo in Ucraina. “AI” fa da contraltare a “Élite guerriera”, dove tra le vie di una città devastata sta un’icona della casta militare.

ROBERTO MESSORI

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